A capo di cinque giornate si truova la città maestra, capo del regno, nominata Iaci, ch'è grandissima e nobile. Sono in quella molti mercanti e artefici e molte sorti di genti: sonvi idolatri e cristiani, nestorini e saraceni e macometani, ma i principali sono quelli ch'adorano gl'idoli. Ed è la terra fertile in produr riso e frumento; ma quelle genti non mangiano pane di frumento, perché è malsano, ma il riso, del quale ne fanno vino con specie, ch'è chiaro e bianco e molto dilettevole a bere. Spendono per moneta porcellane bianche, le quali si truovano al mare, e ne pongono anco al collo per ornamento: e ottanta porcellane vagliono un saggio d'argento, il qual è di valuta di due grossi veneziani, e otto saggi di buon argento vagliono un saggio d'oro perfetto. Hanno ancora pozzi salsi de' quali fanno sale, il qual usano tutti gli abitanti: e di questo sale il re ne conseguisce grand'entrata e profitto.
Le genti di questa provincia non reputano esserli fatta ingiuria s'uno tocca la lor moglie carnalmente, pur che sia con volontà di quella. V'è ancora un lago, che circuisce circa cento miglia, nel quale si piglia gran quantità di buoni pesci d'ogni maniera, e sono pesci molto grandi. In questo paese mangiano carni crude di galline, montoni, buoi e buffali, e in questo modo, che le tagliano molto minutamente, e le mettono prima in sale, in un sapore fatto di diverse sorti di lor specie: e questi sono gentiluomini; ma li poveri le mettono cosí minute in salsa d'aglio, e le mangiano come facciam noi le cotte.
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Iaci
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