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      Il re veramente di Mien, come valoroso capitano, arditamente in ogni parte dove vedeva il pericolo maggiore si metteva, inanimando e pregando che stessero fermi e constanti, e faceva che le schiere di dietro, ch'erano fresche, venissero inanti a soccorrere quelle ch'eran stracche. Ma, vedendo che non era possibile da fermarsi né sostener l'empito de' Tartari, essendo la maggior parte del suo esercito o ferita o morta, e tutto il campo pieno di sangue e coperto di cavalli e uomini uccisi, e che cominciavano a voltar le spalle, si mise anch'egli a fuggire col resto delle sue genti, le quali, seguitate da' Tartari, furono per la maggior parte uccise.
      Questa battaglia fu molto crudele da una banda e dall'altra, e durò dalla mattina fino a mezogiorno: e li Tartari ebbero la vittoria, e la causa fu perché il re di Bangala e Mien non aveva il suo esercito armato come quello de' Tartari, e similmente non erano armati gli elefanti che venivano nella prima fila, che averiano potuto sostenere il primo saettamento de' nimici, e andargli addosso e disordinarli. Ma, quello che piú importa, detto re non doveva andar ad assaltar li Tartari in quell'alloggiamento ch'aveva il bosco alle spalle, ma aspettarli in campagna larga, dove non averiano potuto sostener l'empito de' primi elefanti armati, e poi con le due ale di cavalli e fanti gli averia circondati e messi di mezo.
      Raccoltisi i Tartari dopo l'uccisione de' nemici, andorno verso il bosco nel quale erano gli elefanti per pigliargli, e trovorno che quelle genti ch'erano campate tagliavano arbori e sbarravano le strade per difendersi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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