Della città di Mien e d'un bellissimo sepolcro del re di quella.
Cap. 44.
Dopo le dette quindici giornate, si truova la città di Mien, la qual è grande e nobile e capo del regno, e sottoposta al gran Can; gli abitatori sono idolatri, e hanno lingua propria. Fu in questa città (come si dice) un re molto potente e ricco, qual venendo a morte ordinò che appresso la sua sepoltura vi fossero fabricate due torri a modo di piramidi, una da un capo e l'altra dall'altro, tutte di marmo, alte dieci passa e grosse secondo la convenienzia dell'altezza e di sopra v'era una balla ritonda. Queste torri, una era coperta tutta d'una lama d'oro grossa un dito, che altro non si vedeva che oro, e l'altra d'una lama d'argento della medesima grossezza, e aveano congegnate campanelle d'oro e d'argento atorno la balla, che ogni fiata che soffiava il vento sonavano, che era cosa molto stupenda a vedere; e similmente la sepoltura era coperta parte di lame d'oro e parte d'argento: e questo fece far detto re per onor dell'anima sua, acciò che la memoria sua non perisse.
Or, avendo il gran Can deliberato d'aver quella città, vi mandò un valoroso capitano, e la maggior parte dell'esercito volse ch'andassero giocolari overo buffoni della corte sua, che ne sono di continuo in gran numero. Or, entrati nella città e trovate le due torri tanto ricche e adorne, non le volsero toccare senza saputa del gran Can, qual, inteso che ebbe che erano state fatte per quella memoria dell'anima sua, non permesse che le toccassero né guastassero, per esser questo costume di Tartari, che reputano gran peccato il movere alcuna cosa pertinente a' morti.
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