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      Ma esso, similmente come aveva fatto il giorno avanti, stette fermissimo con tutto l'esercito, ch'era difeso dal sito dell'alloggiamento. Ed essendo durato questo abbattimento dalla mattina fino a mezogiorno, con grandissima contenzione dell'una e l'altra parte, alla fine i Tartari, vedendo che 'l lor combattere non faceva danno alcuno a' nemici, e trovandosi molto stracchi e travagliati per la fatica ch'avevano sofferto e per la sete, non avendo trovata acqua la notte avanti né il giorno dopo, cominciarono a ritirarsi pian piano in ordinanza, una schiera dietro l'altra, e non si fermarono in luogo alcuno fin che non giunsero alla pianura di Damasco, dove trovarono grand'abbondanza di acque e buoni pascoli per i cavalli. E quivi fu ordinato star tanto che gli uomini e i cavalli si fossero riposati, per poter poi freschi ritornar a combattere col soldano.
      Li governatori di Damasco, che favorivano le parti del soldano, inteso che l'esercito de' Tartari s'era fermato in quella pianura, una notte in minor termine di quattro ore, aprendo alcuni canali e gonfiando alcuni fiumicelli, fecero tanto crescer l'acque ch'allagorno tutta la detta pianura, tal che furono sforzati di subito i Tartari levarsi. Ed essendo la notte oscurissima e li fossi pieni d'acqua, non si vedendo strada o sentiero alcuno, si trovorno in estrema desperazione e confusione, non sapendo dove andare né che fare; e in quella oscurità si sentivano da ogni canto romori e grida grandissime di genti che s'annegavano, domandando aiuto, il che n'apportava terribile spavento a chi gli udiva, e si perderono infiniti cavalli e arme, oltre gli uomini che perirono, e il re d'Armenia sopra tutti gli altri ebbe grandissimo danno e perdita.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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