Sechaidar, padre del Sofí, va contra Rustan, re di Persia, ma ne riman vinto e morto; e Rustan manda a pigliar la moglie e tre figliuoli e gli dà in guardia, ma di nascoso son fatti fuggire.
Cap. 12.
Nel tempo che Rustan dominava in Tauris, Sechaidar, padre del Sofí, il qual avea per moglie una figliuola del signor Assambei, pervenendo a lui per via della donna l'eredità dello stato della Persia, deliberò di far esercito e scacciar Rustan, e cosí fece adunare di molte genti sofiane: e tutti lo seguivano, per esser egli capo d'esse, e anche per esser tenuto uomo santo, percioché se ne stava nella città d'Ardovil, lontano da Tauris tre giornate alla via di greco, come un abbate con molti discepoli. Or, avendo egli fatto un esercito di ventiduemila persone, venne alla volta di Tauris per entrarvi, ma il signor Rustan, avendo già inteso l'apparecchiamento del nemico, aveva anch'egli congregato da cinquantamila persone. Ed essendo giovane mandò un suo capitano, chiamato Sulimanbec, all'impresa contra di Sechaidar; il qual, intendendo l'esercito nemico esser piú potente del suo, si ritirò a un luogo detto Van, di sotto dal Coi, giudicando dalla banda di ponente dover aver soccorso da altri eredi, ch'erano nemici di Rustan. Ma tanta fu la prestezza di Sulimanbec, capitano di Rustan, che Sechaidar fu constretto, senz'aspettar altro soccorso, di venir seco alle mani, e ordinati gli eserciti fecero crudelissima battaglia. Li sofiani combatterono come leoni, avvegna che ultimamente, dopo l'esser stato ucciso gran numero di gente d'ambedue le parti, quelli di Tauris fossero vincitori, e restasse morto Sechaidar con le sue genti.
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