Ma di ciò non voglio trapassar piú oltre, parendomi che in questo luogo non sia a proposito.
Il Sofí dimorò circa venti giorni, sempre combattendo il castello, dove furon fatte tre cave per entrarvi, ma niuna poté avere effetto. Cavarono poi tutto il fondamento d'una torre e la puntellorno con legni, e avendogli dato il fuoco, si vedeva andar nell'aria gran fumo: il che vedendo, il castellano mandò da Ismael a mezanotte domandandogli di rendersi, con patto che fussero salve le persone e l'avere; e vedendo Ismael che 'l fuoco non operava molto ne restò contento, e concessegli quanto aveva richiesto. La mattina seguente s'ebbe il castello, nel quale erano assai vettovaglie, munizioni e armature, tra le quali ne viddi io molte che furono portate alla presenza del signore.
Molti signori danno ubbidienza a Ismael, il quale, poi che fu ritornato a Tauris con gran trionfo, di nuovo esce in campagna contra il signore di Sammarcante, e lo rompe e fagli tagliar la testa; a' figliuoli si fa prometter ubbidienza, e avendogli licenziati se gli ribellano.
Cap. 17.
Pigliato il castello, vi si stette otto o nove giorni a rinfrescar le genti, e in questo tempo molti signori circonstanti vennero a umiliarsi, mettendosi la berretta rossa e prestando ubbidienza al Sofí; il qual poi se ne ritornò in Tauris, per la cui tornata furon fatti grandi apparecchi e ornamenti di bazzarri, e tutta la città stava in trionfi, facendo molte feste secondo la loro usanza. Questo signore è poco meno ch'adorato, massimamente da' soldati, tra i quali molti sono che senz'armatura combattono, contentandosi morire per il lor signore, combattendo col petto nudo, gridando: «Schiac, Schiac», che in lingua persiana vuol dire «Dio, Dio»; alcuni lo chiamano profeta: certo è che quasi tutti tengono ch'ei mai non debba morire.
| |
Sofí Ismael Ismael Ismael Tauris Sammarcante Sofí Tauris Schiac Dio
|