Or, ragunato ch'egli ebbe centomila persone, intendendo che anche il nimico era con grossissimo esercito, sí com'avea scritto il vescovo armeno, volse andare ad incontrarlo, avendo grandissimo sdegno contra questi Tartari, perciò che, quando vennero l'altra volta, fu fatta la pace con loro, ma non passò l'anno ch'essi la ruppero. Cosí Ismael andò contra al nimico esercito, che stava a' confini d'Hirach, ch'era in Strava: e questo fu dell'anno 1501.
Levatosi adunque da Cassan insieme col suo esercito, se n'andò a Spaan, quattro giornate di là da Cassan; poi scorse piú innanzi animosamente, desiderando trovare il nimico, il quale, intendendo che Ismael veniva, si ritirò a un fiume detto Efra, ch'anticamente era chiamato Iarit, il qual nasce da un lago detto il lago di Corassan. In mezo del fiume v'è una città detta Chiraer, dentro della quale si misero i Tartari, facendo testa contra la gente del Sofí. Ed essendo sopragiunto Ismael, accampossi poco lontano da loro, e apparecchiandosi per combattere, il signore esortava tutti i suoi, e per le gran promesse tutti s'erano inanimati al combattere. Però, fatte tre squadre delle genti sofiane, fu data la prima a Busambet, signor di Sumacchia, la seconda a Gustagielit, la terza era del signore; e il simile fecero anche i Tartari.
Il giorno seguente il signor Sofí fece sonar tutti i suoi stromenti da battaglia, gridando tutti: «Viva Ismael nostro signore», di modo che a un'ora di giorno li due eserciti s'affrontorno, e nel primo assalto li Tartari ributtorno la squadra del Sofí, e n'ammazzarono assai, gridando sempre.
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