Dopo questo il Sofí mandò oratori al Turco in Amasia, i quali gli portarono una verga d'oro tutta fornita di gemme, una sella e una spada guarnite medesimamente di gioie, con una lettera che diceva: «Io Ismael, signor della Persia, ti mando per questo cose regali, che vagliono quanto il tuo regno: se tu sei uomo conservale, che io verrò a torle, e non tanto queste, ma ancora la tua testa e il regno insieme». Selino, intendendo questo, volse far morire gli ambasciatori, ma i bassà non acconsentirono; e facendo solamente tagliar loro il naso e l'orecchie, licenziandogli disse: «Dite al vostro signore ch'io lo tengo come un cane, e ch'egli farà quanto porrà e non piú».
Li paesi che dirò qui di sotto ora stanno all'ubbidienza del signor turco, nel governo de' quali dimorano li suoi giannizzari: governano prima il paese d'Arsingan e di Baibiert, ch'hanno molte città e castella, le quali confinano col Turco per Trabisonda (e questi due paesi son nell'Armenia minore); poi di là dell'Eufrate, ov'è il paese di Diarbee, la cui metropoli è Amit (e questo è parte dell'Armenia maggiore); il paese di Mosul e la gran città, fino a' confini del Bagadet (e questo è la Mesopotamia). Or, stando le cose nel termine ch'abbiamo detto, il Turco se ne venne al Toccato e in Amasia, e l'anno 1515 egli si trovava ne' detti luoghi con le sue genti, ma poche, le quali aveva divise in due parti: una n'avea data a Scander, mandandolo ad espugnare una città d'Ismael detta Tania, la quale aveva centocinquantamila anime; con l'altra poi egli s'inviò all'impresa d'Alidolat, il quale stava alla montagna in luoghi forti, e avendo intesa la deliberazione del Turco li mandò ambasciatori, dicendogli ch'egli sempre era stato suo amico, e che non sapeva per qual cagione gli voleva levar lo stato, ma che, poi che voleva cosí, egli deliberava di morir da valent'uomo.
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