Poi se n'andò in Ierusalem, e nel cammino s'ebbe gran pioggia e mal tempo, onde nacque e travaglio e morte di molti.
In Ierusalem il signore dispensò assai denari a' poveri della città; fece anche sacrificio di buoni castroni, tal che della sua santa limosina gli uomini del sacrificio degli uccelli e delle bestie rimasero sodisfatti. Cavalcando poi alla volta di Gazzara, si giunse in una valle terribile, dove non potevan passare piú che due cavalli per volta. Gli Arabi avevano preso il passo, e avevan di sopra ragunati gran sassi, per lasciargli cadere quando il signor passava, e anche v'aveano di molti arcieri. Il signor, avendo inteso questo, ordinò che le bombarde e gli schioppi fossero apparecchiati; ma quando venne il bisogno, per la pioggia e per il vento non si poterono discaricare. Né con tutto questo i gianizzari valenti restavano d'adoperare artificiosamente gli schioppi, facendo fuggire i Mori con morte loro. E appressandoci noi a Gazzara, i valenti di Grecia, molto ben vestiti delle robbe de' nemici e bene armati, uscirono della terra per un tiro d'arco ad incontrare il signore: i Mori, vedendo tanta pompa, restarono stupefatti, e i sanzacchi smontarono a basciar la mano al signore, e tutto l'esercito si divise in due parti, mettendo il signore nel mezo, e lo salutarono. Poi incontrò Sinan bassà, e ringraziollo assai con tutto l'esercito insieme e co' spachí, che vuol dire gentiluomini, e donò cose assai. Essendo stato quattro giorni a Gazzara, se n'andò poi a Casali, dove per non esservi acque non avea prima potuto andare; ma essendo per le pioggie l'arene già piene, era passato commodamente.
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