Veduto questo valore, i Greci si misero a seguirlo per corrispondere al lor capo: e certamente, s'allora gli fosse mancato l'animo, gli saria mancato anche la vita e sariano stati morti tutti. Ma, combattendosi cosí animosamente, si diede indizio al soldano che volevamo la vittoria: il che considerando egli, che si trovava di signor grande esser fatto schiavo picciolo e di ricchissimo poverissimo, guardando il cielo con amarissime parole si lamentava, di modo che facea scoppiar di dolore e di pietà chi l'ascoltava. Dopo molte parole accompagnate con infinite lagrime si mise a fuggire di giorno e di notte, fin ch'arrivò a un ponte, dove alquanto si riposò. I Greci insieme con Mustafà lo perseguitavano, ma egli fuggendo tuttavia passava piú oltre.
Il signor si partí dal Cairo e alloggiò meza giornata lontano da Mustafà, che per quattro giorni e altretante notti aveva perseguitato il soldano, il quale per stanchezza s'era fermato ad un casal de' Mori. I nostri, essendo anch'essi stanchissimi, non lo poterono cosí ben giugnere, per la qual cosa deliberarono scrivere a quei del casale che, sotto pena del sacco e del fuoco, facessero guardia e procurassero che 'l soldano non trapassasse piú oltre: e cosí il capo del casale, ch'era un siech Assaim, lo fece sapere a tutti, onde Tomombei co' Circassi furono circondati da' Mori, di maniera che non potevano scampare, e sopragiugnendo i nostri andarono loro adosso. I Circassi si gittarono in un lago vicino, e i nostri parte ne tagliavano a pezzi, e parte anche ne facevano prigioni.
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