Avendo fatta questa tagliata e non trovando il tesoro, deliberammo di fare due fosse intra il monticello massiccio, le quali fussero 4 passa per largo e per alto: e facendo questo trovammo un terreno bianco e duro in tanto che facemmo scalini in esso, su per i quali portavamo le zivere. Andando sotto circa cinque passa, trovammo in quel basso alcuni vasi di pietra, in alcuni de' quali era cenere e in alcuni carboni; alcuni erano vacui, e alcuni pieni d'ossi di pesce de la schena. Trovammo etiam da 5 o 6 paternostri grandi come naranzi, i quali erano di terra cotta invetriata, simili a quelli che si fanno nella Marca, i quali si mettono alle tratte. Trovammo ancora un mezo manico d'un ramino d'argento picciolino, ch'avea di sopra a modo d'una testa di biscia. Venuta la settimana santa, cominciò a soffiare un vento da levante, con tanta furia che levava il terreno e le zoppe ch'erano state cavate e quelle pietre, e gittavale nel volto delli operarii, con effusione di sangue: per la qual cosa noi deliberammo di levarci e di non far piú altra esperienza, e questo fu il lunedí di Pasqua.
Il luogo per avanti si chiamava le cave di Gulbedin, e, dopo che noi cavammo, è stato chiamato per sino a questo giorno la cava de' Franchi, imperoch'è tanto grande il lavoro che facemmo in pochi giorni, che si potria credere che non fusse stato fatto in quel poco tempo da manco d'un migliaio d'uomini. Non avemmo altra certezza di quel tesoro, ma (per quanto intendemmo) se tesoro era lí, la cagione che 'l fece metter lí sotto fu perché il detto Indiabu, signore di questi Alani, intese che l'imperatore de' Tartari gli veniva incontra, e, deliberando di sepelirlo, acciò che niuno se n'accorgesse, finse di far la sua sepoltura secondo il loro costume, e secretamente fece mettere in quel luogo prima quello che a lui pareva, e poi fece fare quel monticello.
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