E di questi molti ve ne sono (se sono in fatti d'arme) che non stimano la vita, non temono pericolo, si cacciano avanti e s'espongono ad ogni rischio senza ragione alcuna, di modo che li timidi pigliano animo e diventano valentissimi. A me par questo lor cognome esserli molto proprio, perché non veggio che possa esser alcuno valent'uomo se non è pazzo. Non è, per la fede vostra, pazzia, ch'uno voglia combattere contra quattro? Non è pazzia ch'uno con un coltello sia disposto di combattere contra piú, i quali abbiano spade?
Dirò a questo proposito quello ch'una volta m'intravenne, essendo alla Tana. Stando io un giorno in piazza, vennero alcuni Tartari nella terra e dissero che in un boschetto lontano circa tre miglia erano ascosti da cento cavalli di Circassi, i quali aveano deliberato di fare una correria per insino alla terra, secondo il lor costume. Io sedeva a caso nella bottega d'un maestro di freccie, nella quale era anche un Tartaro mercante, ch'era venuto lí con semenzina. Costui, inteso ch'ebbe questo, si levò e disse: «Perché non andiamo noi a pigliarli? Quanti cavalli sono?» Gli risposi: «Cento». «Or ben, - diss'egli, - noi siamo cinque, voi quanti cavalli sarete?» Risposi: «Quaranta». Ed egli: «I Circassi non sono uomini ma femine; andiamo a pigliarli». Udito che io ebbi questo, andai a ritrovar Francesco da Valle, e gli dissi quello che costui m'aveva detto, tuttavia ridendo. Mi domandò se mi bastava l'animo d'andare; gli risposi di sí: onde ci mettemmo a cavallo, e per acqua ordinammo ch'alcuni nostri uomini venissero, e sul mezogiorno assaltammo questi Circassi, li quali stavano all'ombra, alcuni de' quali dormivano.
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