Io domandai loro chi fussero: mi risposero essere stati schiavi di Catelani, ed esser fuggiti con una barchetta, e che in mare erano stati presi da quel mercante. Allora io subitamente andai a' signori di notte e feci querela di questa cosa, onde presto presto mandarono alcuni officiali, i quali gli condussero all'ufficio e in presenza del detto mercante gli liberarono, e condennarono il mercante. Tolsi li detti Tartari e menaimeli a casa, e domandati chi fussero e di che paese, uno di loro mi disse ch'era della Tana e ch'era stato famiglio di Cozadahuth, il quale io conobbi già, perché era commarchier dell'imperatore, il qual faceva scuoter da lui il dazio delle robbe che si conducevano alla Tana. Guardandolo nella faccia mi parve raffigurarlo, perciò ch'era stato assai volte in casa mia. Domandai che nome esso avea: dissemi Chebechzi, che in nostra lingua vuol dire semoliero o burattatore. Lo guardai e dissigli: «Mi conosci tu?» Ed egli: «No». Ma, tantosto che mentovai la Tana e Iusuph (che cosí mi chiamavano là in quelle parti), si gittò a' miei piedi e volsemeli baciare, dicendo: «Tu m'hai due volte scampato la vita: questa n'è una, imperoch'essendo schiavo io mi teneva per morto; l'altra, quando si bruciò la Tana, che facesti quel buso nelle mura pel quale uscirono fuori tante persone, nel cui numero fu mio padrone e io». Ed è vero, perché, quando fu il detto fuoco alla Tana, io feci un buso nelle mura all'incontro di certo terreno vacuo, dove si vedeano molte brigate insieme, pel quale furono tratte fuori da 40 persone, e fra essi fu costui e Cozadahuth.
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