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      Tre giornate lontano si ritruova il detto Moscho, fiume notabile, sopra il quale è una città nominata Moscho, dove abita il detto Giovanni duca di Rossia. Il fiume passa per mezo la terra e ha alcuni ponti; il castello è sopra certa collina, e d'ogn'intorno è circondato da boschi. La fertilità delle biade e della carne che è in questo luogo si può comprender da questo, che non vendono carne a peso, ma ne danno tanta ad occhio, che certo se ne ha quattro libre al marchetto. Le galline s'hanno settanta al ducato; l'oche tre marchetti l'una. È tanto gran freddo che eziandio lí il fiume s'agghiaccia. Il verno sono portati porci, buoi e altri animali scorticati e messi in piedi, duri come sassi, in tanto numero che chi ne volesse 200 al giorno li potria comprare: tagliar non si possono perché sono duri come marmi, se non si portano in stufa. Frutti, da qualche pochi pomi e noci e nocelle salvatiche in fuora, non si truovano.
      Quando vogliono andare da luogo a luogo, specialmente s'il camino è per esser lungo, camminano il verno, perché tutto è agghiacciato, e hanno buon camminar, salvo che da freddo. Portan allora sopra li sani (i quali satisfanno a loro come a noi li carri, e dal canto di qua si chiamano travoli over vasi) quello che vogliono, con grandissima facilità. La state, per esser fanghi grandissimi e moscioni assaissimi, i quali procedono dalli boschi molti e grandi che vi sono, la maggior parte dei quali è inabitabile, non ardiscono andar troppo lontano.
      Non hanno vino, ma alcuni fanno vino di mele, alcuni di cervosa di miglio, nell'uno e l'altro dei quali mettono fiori di bruscandoli, i quali danno un stuffo che stornisce e imbriaca come il vino.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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