Giunti nel porto mettemmo i cavalli in terra e buona parte della gente, i quali cominciarono a prepararsi.
Come il castello Sigi si rendette a patti, e come, usciti fuora il signor e gli altri, contra il voler del capitano furono saccheggiati; ma subito, di ordine di esso capitano, trovato tutte le persone e robe depredate, furono restituite ad esso signore.
Cap. 2.
Il dí seguente il capitano mandò per me, e dissemi che gli pareva che quel castello fusse molto forte e, per rispetto del sito, quasi inespugnabile, essendo posto nella sommità d'un monte, e domandommi quel che mi pareva: gli risposi esser vero che era fortissimo, ma eziandio questo non falso, che dentro non ci si ritrovavano se non al piú XXV uomini da fatti, i quali avevano a guardare e difendere d'ogn'intorno lo spazio d'un miglio, onde certamente io mi credeva che, proseguendo l'impresa, presto s'averia. Stette molto sospeso e non mi fece risposta alcuna, ma due ore dopo mi mandò il suo almiraglio a dire che aveva deliberato di tor l'impresa. Fecemi stare di buona voglia, e subitamente me n'andai; e di questo diedi notizia a Theminga, capitan del Caramano, il quale similmente si rallegrò tutto e volse che io andassi a riferire questo istesso al suo signore: e cosí feci. E ritornato dal detto Theminga, me ne venni al nostro capitano, e cominciammo a mettere in ordine le cose opportune alla oppugnazione.
La mattina seguente, circa ore quattro di giorno, Theminga mi disse che gli era venuto uno dal castello, offerendo di darglielo, se noi volevamo salvar le persone e le robe.
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