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      E come che questo fusse stato poco male, uno d'essi tolse per moglie la donna, che era sua cognata.
      L'armata ritornò al Curcho sopranominato e, dismontata che fu la gente in terra, furon messe le bombarde ai suoi luoghi, per oppugnare eziandio questo castello, nel quale erano per guardia le genti dell'Ottomano. Era gionto in quello istesso tempo a quel luogo il signor Caraman con le sue genti, e, tolta la prima cinta de' muri, si dettero a patti, salve le persone e le robe: e cosí avessimo il castello e lo restituimmo al Caraman. Dopo questo, io me n'andai a Silephica, terra famosa, che si chiamava anticamente Seleucia, con alcuni del Caramano: la quale per il simile era occupata dall'Ottomano. E dissi a quelli ch'erano dentro che volessero render la terra, che sariano salve le robe e le persone, e che, se si lasciavano dar la battaglia, forse lo vorrebbono fare, che non si accettaria, ma che tutti anderiano per fil di spada. Mi fu risposto che io andassi alla buon'ora, e che domattina essi mandariano a dire al Caramano quale era l'intenzion loro. Il dí seguente gli mandarono a dire che erano contenti di dargli la terra, e che andassero presto, imperoché gliela consegnariano: e cosí fecero.
      Il nostro capitano dapoi con tutta l'armata se ne tornò in Cipro, e si mise a star presso a Famagosta per provedere al governo di quell'isola, imperoché il re Zacho era mancato di questa vita, nel tempo che noi eravamo nelle terre del Caraman. Fatte le debite provisioni, dopo alcuni giorni si levò e andossene verso l'arcipelago.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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