Andò, ruppe, conquassò e uccise il nimico, e prese tutta la Persia insino ad Heré, e ridusse tutti d'ogn'intorno a sua ubbidienzia; e non si essendo dimenticato della promessa, lo fece raccogliere e trattare onorevolmente. Otto mesi dopo la detta vittoria io mi ritrovai ivi, e viddi in che modo era trattato. Costui ogni giorno, a tutti coloro che a ora debita andavano alla sua porta (fussero in quanto numero si volessero), faceva dar da mangiare, facendogli prima sedere in modo d'un circolo: e mettendo una volta con l'altra, non eran né meno di 200 né piú di 500, ed egli ogni giorno aveva da vivere e da vestire assai bene. Quando il signore cavalcava per le campagne, era messo su un mulo con un subo in dosso, con le braccia e mano sotto il subo, le qual mani gli erano legate davanti, perché alle fiate era usato di far qualche pazzia pericolosa; a piedi gli andavano appresso molti di quelli dravis. Essendo un giorno io sotto il padiglione di un Turco amico mio, capitò ivi uno di quelli dravis, al quale questo Turco dimandò come faceva il dravis, e se faceva pazzie e se parlava e se mangiava; ed egli rispose che faceva secondo l'usanza, alcune fiate pazzie secondo la luna, e che stava tal volta due e tre giorni che non mangiava e faceva pazzie sí che bisognava legarlo, e che parlava ben ma male a proposito, e che mangiava quello che gli era dato, e alcune fiate si stracciava i drappi di dosso. E soggiunse: «Un giorno andammo dal signore che era in Spaham, il quale lo mandò in palazzo che già fece fare Gurlomahumeth, dove stemmo da quattro o cinque giorni; volendoci partire gli dicevano: "Andiamo via", ed egli rispondeva: "Io voglio star qui"; pur tanto facemmo che lo menammo via». E da costui intesi in che modo passò la novella quando trasse del bastone nelli catini, il quale la disse ridendo.
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