E il giorno sequente tutti li miei si ammalarono, eccetto pre' Stefano, il qual era quello che ci attendeva a tutti: e fu malattia di sorte che, per quanto mi fu detto, noi farneticavamo dicendo molte pazzie. Il detto cadi lascher mi mandò a visitare e scusarsi che lui non poteva star piú quivi, perché gli conveniva esser presto dal suo signore, ma che mi lascieria un servitore, confortandomi che io era in paese che niuno mi faria dispiacere. La detta malattia mi tenne nel detto loco fin alli 23. La detta terra di Como è posta in piano, ed è picciola ma assai bella, e circondata di mura fatte di fango, ed è assai abbondante d'ogni cosa, con buoni bazzarri di quei loro lavori e boccassini.
Alli 23, come s'è detto, ci partimmo di lí, e in vero che per la malattia io cavalcavo con grande affanno.
Alli 25 arrivammo in un'altra terra chiamata Cassan, murata come Como e con bazzarri, come s'è detto; ma è piú bella terricciuola di Como.
Alli 26 la mattina ci partimmo di lí ed entrammo in un'altra terra picciola chiamata Nethas, posta in piano, dove si fa piú vin che in altro luogo: e per la debolezza, e perché mi era pur ritornato un poco di febre, stetti lí quel giorno.
E alli 28 il meglio che potei montai a cavallo, e camminando pur per pianura giungemmo in una terra chiamata Spaan alli 30, dove trovammo il signore Ussuncassan. E inteso dove alloggiava il magnifico messer Iosafa Barbaro ambasciadore, andai a dismontare al suo alloggiamento, e vistone l'un l'altro, pieni d'allegrezza n'abbracciammo strettamente: di quanta consolazione mi fusse si può considerare, ma, bisognandomi piú presto riposo che altro, mi posi a riposare.
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