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      Piacque al nostro Signor Dio far tempo per il nostro viaggio, onde, ridotti tutti alla marina, fu buttata la barca in acqua, poi tutti noi entrammo dentro e facemmo vela: eravamo persone 35, computando il patrone con sei marinari; il resto erano alcuni mercanti, che portavano qualche poco di risi e qualche lavoro di seta e di boccassini per Citracan per vender a' Rossi, e anco qualche Tartaro per pigliar altre cose, cioè pellettarie che fanno per il detto luogo di Derbent. Come è detto, facemmo vela il dí soprascritto con vento prospero, sempre larghi da terra circa miglia 15, a costa di montagne. Il terzo giorno, passate le dette montagne, trovammo spiaggia; e fece vento contrario, e ci fu forza a sorger con un ferricciuolo il capo del resto, e poteva esser circa ore quattro avanti sera. La notte il vento rinfrescò con mare assai, e ci vedevamo del tutto perduti: deliberarono far levare il ferro e lasciarci venir in terra alla ventura su la spiaggia. Levato che fu il ferro, c'intraversammo al mare, e per esser grosso con vento assai ne buttava in terra; ma volse il nostro Signor Dio, col detto mar grosso che ne levava da' scagni, che ci salvassimo, e buttonne appresso terra, ove la barca entrò in una fossa tanto lunga quanto ella era, che ne parve esser entrati in porto, perché il mar rompeva tante volte, avanti che venisse lí, che non ne poteva nuocere. A tutti ne fu forza saltar in acqua, e portar ciascuno le sue cosette in terra molto bagnate, e anco la barca faceva acqua, per il toccar ch'ella fece sugli scagni.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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