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      Avevamo gran freddo, sí per esser bagnati come per il vento. La mattina fecero deliberazione fra loro che alcuno non facesse fuoco, perché eravamo in luogo tanto pericoloso de' Tartari quanto dir si potesse. Su per la marina erano molte pedate di cavalli, e perché vi era un zopolo che mostrava esser rotto da fresco, giudicavamo che li detti cavalli fussero venuti per pigliar li lor uomini, o vivi o morti, dal detto zopolo, di modo che stavamo con grandissima paura e in aspettazione continova d'esser assaltati: ma ci rassicurammo vedendo che dietro la spiaggia erano molte paludi, sí che di ragione li Tartari doveano esser lontani dalla marina. Stemmo nel detto luogo fino adí 13, che bonacciò e mostrò far tempo per il nostro viaggio, onde, messe le cose delli marinari in barca e menata la barca fuor delli scagnoni, furno caricate l'altre robbe e fatto vela: e fu il sabbato santo. Facemmo circa miglia 30, e un'altra fiata n'assaltò il vento contrario, ma, avendo alcune isolotte di canne sotto vento, ne fu forza d'entrare in esse, e venimmo a sorger in un luogo dove era poca acqua. Il vento rinfrescò, e per il marisino la barca toccava alquanto; però il patron volse che tutti dismontassimo sopra un poco di canneto, a modo d'uno isolotto, e cosí facemmo. E mi convenne pigliar le mie bisaccie in spalla e discalzato andarmene il meglio che potei in terra, con gran freddo e gran pericolo, per rispetto del marisino che mi bagnò tutto. Giunto in terra, trovai un poco di coperto di canne, che, per quanto dicevano, li Tartari venivano a pescar l'estate in quei luoghi: messimi lí dentro per asciugarmi il meglio ch'io poteva insieme con la mia famiglia; e i marinari con gran fatica ridussero la barca a paravezo del vento, ove era senza pericolo.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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