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      Fecemi montar a cavallo col mio turcimano e una femina rossa, in compagnia con un Tartaro d'un aspetto tanto dispiacevole quanto dir si potesse, né altro mi disse salvo che: «Cavalca, cavalca presto». E io ubbidiente, perché non potevo far altro, seguiva il detto Tartaro: e tutta quella notte mi fece camminar, infino a mezogiorno, che mai non volse che pur un poco dismontassi. Piú volte gli feci dimandare al mio turcimano dove mi menasse: pur ultimamente mi rispose che la cagione che Marco m'avea fatto partire si era perché il signore volea mandar a far cercare alle barche, e dubitava che, se m'avessero trovato lí, m'ariano ritenuto. Questo fu adí 13 d'agosto e circa mezogiorno.
      Ridutti su la fiumara, quel Tartaro cercava qualche zoppolo da passarne sopr'un polesene, ch'è a mezo la fiumara, dov'era il bestiame di quello Anchioli ambasciadore: e, non trovando zoppolo, il detto Tartaro ragunò alcune frasche e ligolle il meglio poté insieme, e prima messe le selle de' cavalli suso e ligò le dette frasche con una corda alla coda d'un cavallo, ed esso, governando il cavallo, passò di là sul detto polesene, che tengo era due grossi tratti d'arco. Ritornò poi e mise suso la femina rossa e passolla nel detto modo; il mio turcimano volse passar notando, e passò, ma con pericolo. Tornò anche per me, e, perché vedevo il pericolo grande, mi spogliai in camicia e discalzo, benché ad ogni modo poco mi saria valuto, e con l'aiuto di messer Domenedio, ma con gran pericolo, fui passato di là. Tornò poi anco il detto Tartaro e fece passar li cavalli, e montati a cavallo andammo al suo albergo, ch'era un coperto di feltre, e misemi lí sotto.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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