Quelli che non sono confessati, e che non hanno restituito la robba d'altri, alla santa communione non sono da essere ricevuti.
Li sacerdoti e monachi, al tempo che si balla e salta, non siano presenti alle nozze.
Se un sacerdote scientemente congiungerà la terza volta una persona al matrimonio, sia privato de l'officio.
Volendo la donna che li figliuoli siano battezzati, e non potendo quelli digiunare, lei per quelli debbe digiunare.
Se 'l marito, rinunciata la prima moglie, un'altra ne togliesse, o ver che la sua moglie ad un altro si maritasse, non si debbe accettarlo alla communione se prima non ritorna con il matrimonio della prima donna.
Nissuno sia venduto alla fede d'altri.
S'alcuno scientemente mangierà con li Romani, con le monde orazioni sia mondato e netto.
La moglie del sacerdote, presa dagl'infideli, debbesi riscuotere, e di nuovo nel matrimonio, perché ha patita violenza, sia ripigliata.
Li mercanti e uomini peregrini, quali nelle parti de' Romani vanno, non siano privati della communione, ma a quella medesima reconciliati siano ricevuti, dandogli però prima alcune orazioni per penitenzia.
Nel monastero non si debbono fare conviti chiamando a quelli le donne.
Il matrimonio non si debbe contraere se non publicamente, nelle chiese.
Seguono le questioni d'un certo Cirillo a Niphonte, vescovo di Nowogardia.
Se l'uomo, dopo la communione, per troppa replezione di cibi, over di bere, vomitasse, che s'è da fare? Rispondo che per quaranta giorni digiunando faccia penitenzia; e se non fosse per replezione, ma per fastidio, per venti giorni; e se per altra causa leggiera, facci manco penitenza.
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