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      Io, che sapevo la cagione perché tanto tempo in quelle solitudini ci retenevano (percioché avevano mandato da Smolentzko al granduca di Moscovia, nonziandoli la venuta nostra, e aspettavano risposta se fosse lecito di condurci nel castello o no), volsi fare esperienza dell'animo loro, e cosí mi misi in via verso Smolentzko. Il che vedendo, gli altri procuratori del viaggio subito corsero al conduttore nostro dicendogli che partivamo, e, ritornando, ci pregarono, meschiando eziandio le minaccie con le preghiere, che noi dovessimo restare. Ma scorrendo essi tra questo mezzo or qua or là, essendo noi al terzo alloggiamento pervenuti, il mio procuratore disse: «Sigismondo, che fai? Perché secondo il tuo volere nelli dominii d'altri, contra l'ordinazione del signore, ne vai cosí inanti?» Al quale risposi: «Io non son uso nelle selve all'uso di fiere, ma sotto li tetti e fra gli uomini vivere. Gli oratori del vostro principe sono passati per il regno del mio signore secondo che hanno voluto, e sono stati menati per la città, per le castella e per le ville, e cosí il medesimo sia lecito a me di fare. E poi che non v'è commissione del vostro principe, né vedo la cagione e necessità di questa ritardanza». Dapoi dissero che volevano andare un poco avanti, escusandosi che la notte era vicina e che non è lecito di notte entrare nel castello: ma noi, non curando le ragioni dette da loro, per la dritta via a Smolentzko gimo, dove in tanto strette stanze lontane dal castello fossimo ricevuti che non si potevano condurvi dentro li cavalli se prima non si spezzavano le porte.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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