Era ivi all'incontro del principe, in un luogo piú basso, un scanno adornato per gli ambasciatori; al qual luogo esso principe, rendutogli prima da noi il debito onore, con cenni e con parole ci chiamò, e con la mano ci dimostrò il luogo da sedere. Nel qual luogo ordinatamente salutando noi il principe, l'interprete era presente, il quale il tutto a parola per parola riferiva. E udito fra l'altre cose il nome di Carlo e di Ferdinando, esso principe si levò su e scese giú del scabello, e udita la salutazione sino al fine disse in questa forma: «Il fratel nostro Carlo, eletto romano imperatore e supremo re, è egli sano?»; mentre il conte risponde: «È sano», tra questo mezo montò nel suo scabello. Queste cose medesime, finita la mia salutazione, ricercò da me di Ferdinando. Dapoi ordinatamente chiamò l'un e l'altro di noi appresso di sé, e ci disse: «Porgetemi la mano», la quale data, soggiunse: «Avete avuto buon viaggio?» E noi, secondo il costume loro, rispondemmo: «Dio faccia che tu sia sano per molti anni; noi, per clemenza di Dio e per la grazia tua, abbiamo avuto buon viaggio». Detto questo, comandò che noi sedessimo; ma noi, prima che sedessimo, secondo il loro costume, primamente al principe, dapoi alli consiglieri e alli altri nobili, li quali ivi stavano per onor nostro, abbassando il capo, all'una e all'altra parte grazie infinite riferimmo. Ma altramente sogliono fare gli oratori degli altri principi, della Litwania, della Liwonia e della Swezia, percioché, avanti il conspetto del principe introdotti insieme con la compagnia e con li servitori, sogliono offerire ciascuno doni al principe.
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