Pagina (82/837)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Noi eravamo per arbitrio nostro distanti dalla piú prossima isola o terren da miglia 500 o piú dal capo sotto vento dalla parte di tramontana, e navigammo di conserva nel tranquillo mar quel poco di giorno con li nostri 21 compagni, consolandoci visto il principio di sí piana fortuna. Ma nel far della notte si levò una nebbia con oscurità che ne fu nunzio della mala sorte e fine che dovevano aver i compagni del schiffo, quali perdemmo di vista né piú li vedemmo.
      Alli 19, apparsa l'alba e non vedendo alcun segno del schiffo, ne fece dubitar della lor morte, onde gli animi nostri molto si conturborono dubitando di quello che doveva intravenire, percioché s'incrudelirono i venti per tal modo ch'un colpo di mare sí impetuoso saltò nella barca dietro della popa, dove noi Cristoforo e Nicolò eravamo assentati, che per forza del suo furore si piegoron due falche, che lasciorono segno d'insupportabil affanno, per modo che la barca era piú carica del peso dell'acqua che del suo proprio. Onde per aiutarla corressimo tutti a cavarla a mano, e, dalla paura e necessità constretti, ne conveniva gittar fuori per libarla tutto quello, o con acqua o senza, che piú pronto e commodo ne veniva alle mani. Riseccata la barca, subito s'accorgemmo d'aver in questa fortuna buttato via la maggior parte del vino, e che ci trovavamo in tanta estremità che, se volevamo gustarne per rivigorar gli affannati sensi, non toccava a cadaun per rata piú d'una tazza al giorno, e chi piú voleva bere gli conveniva pigliar dell'acqua del mare: e durò questa misura otto giorni e non piú. Dipoi, accortisi di maggior bisogno, ci riducessimo a maggior estremità, restringendo la rata nostra a meza tazza il giorno.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





Cristoforo Nicolò