Perseverando in cosí aspra vita, avenne che per gl'insupportabili disagi mancorono quattro di nostri compagni del maggior ridutto, a punto dov'era l'afflitto padrone, con quelli rimedii e pochi conforti all'anime e corpi loro che si può stimare, appresso di noi rimanendo i lor corpi, i quali, per esser noi debolissimi, perso ogni nostro vigore, non potevamo rimover due braccia lontani dagli occhi: anzi dirò piú che non avevamo cosí tosto presa la gelata o calda acqua per bocca, che subito la natura per se medesima la mandava fuori, non potendo noi di ciò astenerci né pur levarci in piedi.
Aveaci la fredda stagione a tanto bisogno ridotti che per riscaldarci stavamo stretti in modo che parevamo quasi cuciti insieme, onde, entrati sotto la vela la qual copriva intorno intorno fino a terra ambe le nostre capanne, non potendo esalar il fumo, che procedeva (com'io stimo) per la pece ch'era intorno ad alcuni pezzi della barca, li quali noi abbrucciavamo, di sorte s'enfiorono gli occhi che non potevamo vedere: nondimeno il tutto pativamo per riscaldarci. E i vestimenti nostri, quali mai ci cavamo da dosso, s'empierono di vermenezzo, e abondavano i pedocchi in tanto numero che, levandocegli da dosso, li gettavamo a piene mani nel fuoco, e s'incarnavano per tal modo nella cotica e fin nell'ossa che finalmente condussero a morte un nostro giovane scrivanello, che mai si poté da tal abominevol vermenezzo difendere: cosa di manifestissimo esempio per abassar le nostre superbie e alterezze.
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