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      Vedessemo il mercore venirci sopra monti cosí grandi di ghiaccio che fossemo astretti con prestezza di questo luoco partirsi, e di nuovo tornare verso mezogiorno all'isola nella quale alli 31 di luio s'eravamo fermati; sul lito della quale il giovedí smontai per pigliare la latitudine del luoco, e la trovai di 70 gradi e 25 minuti. E variava in questo luoco il bossolo da navigare otto gradi da settentrione verso ponente. E fra tanto che io sul lito stetti, Loshak e doi altre barchette di Petzora da noi si partirono; né poca maraviglia mi generò il vederli cosí in un subbito lassarci, né lo potessemo a modo alcuno per le secche sequire, essendovene tra quell'isola molte e molto pericolose. Ma, per quanto m'accorsi dopo, sono essi gran valent'uomini in prevedere le fortune maritime, percioché il venere ne bisognò star sorti su l'ancore, essendosi una gran burasca da hort hort ost levata: la qual mentre durava, ne venne adosso dall'uno e dall'altro angolo dell'isola, alla coperta della quale sorti eravamo, tanta furia di quasi monti di ghiaccio che ne misero non poco spavento. Durò questa fortuna lungo tempo, con neve, grandine e pioggia; la quale essendo il sabbato alquanto abbassata, convenissemo nondimeno starsene fermi, per cagione d'una nebbia cosí fatta che appena tra noi di nave veder si potevamo, soffiando in questo tempo il vento hort ost e ost.
      La domenica, su l'ora quarta della mattina, col vento zuid, dall'ostro, da questa isola facessemo levata. Mentre che tra le secche di queste isole piccole alla volta del mar s'avanzavamo, crebbe di modo la nebbia che ne convenne abbassar le vele per non urtare con quella oscurità in qualche scoglio, o dar su qualche seccagna.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





Loshak Petzora