Questo signore, per aver dato transito a messer Caterino, fu all'improviso assaltato dal Turco e spogliato dello stato suo; onde egli, lasciate alcune fortezze ben fornite di genti e di munizioni, fuggí a Ussuncassan, dal quale fu graziosamente ricevuto e datogli speranza di rimetterlo in casa, pur che quelle fortezze, ch'esso diceva che tenevano ancora per lui, si conservassero a sua devozione. Ma la speranza che molte volte fallisce ai desiderii degli uomini, andò in questo fallita al Caramano, perché i capitani che avevano in guardia quei fortissimi luoghi, corrotti dall'oro turchesco, benché con disonorato nome d'essere chiamati traditori del signor loro, diedero ai nemici le fortezze ch'avevano in mano.
*Fatto questo acquisto, Maomete mandò ambasciadori da Constantinopoli in Persia per iscusarsi con Ussuncassano di quanto s'era fatto e per confermar con lui buona pace e amistà. Ma quel dí che dovevano aver udienza dal re, messer Caterino per tempissimo entrò nella sua camera, e gli parlò con tanta efficacia e promesse che, aiutato dalla Despina e dal sospetto preso del signor caramano cacciato di casa sua, e che fuor uscito presso di lui lo supplicava e pregava che non l'abbandonasse in quella fortuna, gli ambasciadori senza altra conclusione furono licenziati; e subito, dato ordine alle cose della guerra, mise in punto l'esercito. Ed esso, a gran cammino venuto nella città di Betilis, si fece venir messer Caterino e gli disse che voleva che andasse con lui nel suo esercito, acciò che vedesse con quanta prontezza egli aveva presa la guerra, parte per suo rispetto e per sicurezza del regno di Persia, e parte spinto dalla nostra Republica e dalla fresca ingiuria stata fatta al signor caramano, al quale non poteva mancare per essere suo confederato e amico, e che novellamente s'aveva tutto messo nelle sue braccia.
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