E messer Caterino, che anch'esso vi si voleva pur trovare, andò a tor prima buona licenza dalla reina Despina; ma l'esercito marchiava avanti con tanta prestezza che non ebbe spazio di poterlo piú aggiungere, ond'egli, ch'aveva una banda di cinquecento cavalli, se ne restò tutto malcontento. Con questi facendo cammino, fu assaltato in Giavas da quelli del paese, che gli fecero di molti danni; per il che, perduti alcuni soldati e patito altri diversi incommodi, si volse verso il Tocato e si condusse al fine nella città di Carpeto, dove intese con suo molto contento che Ussuncassano tosto vi doveva venire.
L'esercito persiano entrò il mese di settembre in Giavas e corse e abbruciò per lungo e per largo il paese, facendo preda e tagliando gli uomini a pezzi, con tanto spavento de' paesani che ognuno fuggiva davanti quella tempesta. E passato Arsenga e il Tocato col medesimo empito arsero i borghi e i vilaggi per tutto, e assaltarono e presero Carle, che fu del Caramano. Di che impaurito Mustafà, figliuolo del Turco, che con Acomat bascià si trovava in Lulla, città del Caramano, fuggí alla volta del Cogno, e levata sua madre la mandò in Saibcarascar, quattro giornate piú adentro verso Costantinopoli. Ma, venendo i Persiani alla volta del Cogno, il Turco scrisse lettere al figliuolo che si dovesse ritirare, né cercasse di temerariamente venir alle mani co' nimici, perché ogni picciola vittoria li averebbe fatto sperar e tentare poi tutte le cose. Per le quali lettere Mustafà, che conosceva il padre dirgli il vero, si ritirò in Cuteia, dove trovò Daut bascià, beglierbei della Natolia, che faceva gran provisioni di gente di guerra; né il gran Turco giudicò il rimanere, acciò che i suoi, mancando della sua presenza, non venissero a perdersi d'animo e lasciar i nimici audacemente penetrar nel paese ed espugnar i fortissimi luoghi.
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