Il numero degli uccisi non è messo nelle lettere dalle quali s'è tratta questa istoria: solo v'è che rimase prigione de' Turchi Usufcan, capitano di Ussuncassano, e che Pirameto, signor caramano, fuggendo si salvò con gran parte dell'esercito.
Tutto 'l verno che seguí il re e il Turco attesero a far nuovi apparati di guerra, per poter a tempo nuovo mostrar il viso al nimico. E Ussuncassano ne' bei principii della state si mise in campagna con l'esercito, e, prese alcune spie del Turco, comandò che fossero tagliato lor le mani e, appiccate al collo, si rimandassero in quel modo all'Ottomano. Di quei medesimi dí giunsero lettere a messer Caterino scrittegli da messer Pietro Mocenigo, che fu poi doge, allora capitan generale di mare, e da messer Giosafat Barbaro, nelle quali ebbe aviso e di doni che mandava l'illustrissima Signoria al re e dell'armata venuta alle marine di Caramania; e sopra tutto intese con sommo piacere delle castella espugnate e rese ai capitani del signor caramano. Le quali lettere riempierono in maniera d'allegrezza e di speranza Ussuncassano che fece per tutto l'esercito bandir tal nuova, e comandò per maggior segno d'affezione e di onore verso la nostra Republica che a suon di trombette e di zamblacare fosse lodato e salutato il nome veneziano: e fu tanto lo strepito che se ne udí il grido per molte miglia lontano. Il Turco anch'egli, fatto il maggiore sforzo che per avanti avesse mai fatto, passò in Asia e si fermò in Amasia, città di Cappadocia, che era il sangiacato di suo figliuolo Baiazete, che andò col padre a questa guerra insieme con Mustafà, rimanendo Gien, suo terzo figliuolo, in Costantinopoli.
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