E perché il Paleologo era giovane e ardito, acciò che con la temerità non si cagionasse qualche errore, gli diede Maomete bascià che lo reggesse negli urgenti bisogni.
Costui mostrò uno grossissimo squadrone a suon di gnaccare e d'altri istromenti bellici, con le bandiere spiegate calò la riva del fiume, e di secca in secca se ne passava all'altra; quando Ussuncassano, sdegnato di tanto temerario ardire, spinse nel fiume una banda fortissima delle piú fiorite sue genti, dove attaccatisi i Persiani a battaglia co' Turchi nel mezo del fiume, combatterono valorosamente piú che tre ore continue sugli occhi d'amendue gli eserciti, che gli stavano a riguardare e innanimare de su le rive, senza che l'una parte cedesse all'altra pur un'oncia d'acqua o di terreno. In fine i Turchi, ributati dai Persiani, con estremo lor danno furono rotti e cacciati dalle secche: molti in quella furia si annegarono, tirati giú dal corrente del fiume. E i Persiani, caricandoli continuamente, furono cagione che di nuovo si rimettesse la battaglia piú feroce e piú crudele che la prima, perché in quel ritirarsi il Paleologo, preso dall'acqua, era vicino a sommergersi: dove volendolo aiutar i Turchi, e principalmente i suoi schiavi, di nuovo fecero testa, sprezzando in un certo modo la vita, per il che si rinovellò l'assalto di nuovo, menandosi le mani cosí bene che non vi si discerneva vantaggio alcuno. Tuttavia i Persiani, posti su la vittoria, un'altra volta ruppero i nimici e li ributtaron con grande mortalità, rimanendo affogato nell'acque Asmurat.
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