Laonde gli diede buon commiato, con generali parole di voler a tempo nuovo guerreggiar coi nimici, e negando esso di volersene ritornare con dire che non l'aveva avuto in commissione della Republica, a forza lo costrinse a partirsi con un altro ambasciador del duca di Borgogna per la qual ripulsa rimaso mal sodisfatto messer Ambrogio di quel re, cercò poi con parole d'oscurar molto la sua potenzia.
Messer Caterino in questo mezo, con l'aiuto del signor Michele Aman, doppo sofferte molte fatiche e molti grandi pericoli scorsi, passò in Polonia e trovò il re Cassimiro che faceva gran guerra al re unghero. Con tutto questo messer Caterino gli espose l'ambasciata di Ussuncassano e lo pregò che, considerato il gran pericolo che correva la cristianità se, vinti i re potentissimi di Levante, Maomete si fosse volto in Ponente, volesse far buona lega e amistà con quel re e dal suo lato travagliar il nimico, che altretanto egli farebbe in Levante. L'udí il re graziosamente e gli rispose che per la guerra in Ungheria non poteva guerreggiar altramente co' Turchi, co' quali si trovava in lega; della qual resposta conosciuto messer Caterino l'animo di quella maestà, che non ne poteva trar né ambasciadori né pur una lettera scritta a Ussuncassano, con una lunga orazione l'esortò a far pace con gli Ungheri, dicendo che, poi ch'egli non volea far guerra ai Turchi, almeno non fosse cagione che l'Ungheria per suo rispetto non facesse in tanto bisogno della cristianità il suo debito, come in tante altre guerre pur co' medesimi nimici era usata di fare.
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