E ricercato quelli che gli avevano scritto la morte del padre e datogli speranza del futuro regno, fu da lor condotto fin dov'era il padre, con tanta segretezza che 'l meschino non se ne avidde se non quando si trovò avanti di lui. E cosí ricevuto con gravi parole e minaccie fu fatto prigione, e poco dapoi morto.
Questo fine ebbe Unghermaumet, che da' Persiani fu sempre chiamato per la sua gran fortezza il valente, uomo senza dubbio eccellentissimo nell'arme e degno del paterno imperio, quando, allettato dalla dolceza del regnare, non fosse stato cosí frettoloso al credere: perché, se viveva piú lungamente, averebbe il regno di Persia ricevuto da lui bellissimi ornamenti di gloria, e sarebbe montato in maggior fama che non montò poi per Ismaele suo nepote. Né doppo la sua morte fu piú la Persia molestata da' Turchi, né Ussuncassano fece piú alcuna cosa memorabile fin alla sua morte.
E messer Caterino anch'egli, doppo che ebbe fatto tutte quelle legazioni che aveva tolto a fare per comandamento di Ussuncassano e della nostra Republica, ritornò a Venezia, tanto ben veduto e accarezzato universalmente cosí da' nobili come da' popolari che per la somma grazia in che era appresso tutti, in lui tutti si rivolgevano gli occhi, vedendo uno che aveva con un lungo pericolo circuito non solo l'Europa, ma anco gran parte dell'Asia. E fu mirabil cosa che per questa grazia essendo tolto del consiglio di Dieci, che è singularissimo e grandissimo onore nella Republica, non ebbe se non dicisette voti contrarii nel gran consiglio; ma quel era assai piú mirabile che, mentre egli passava per via, concorrevano tante persone a vederlo che non poteva andar innanzi.
| |
Unghermaumet Persiani Persia Ismaele Persia Turchi Ussuncassano Caterino Ussuncassano Republica Venezia Europa Asia Dieci Republica
|