E cosí amendue s'incontrarono fra Tauris e Sumachi, appresso un gran fiume, dove Alamur, che aveva un esercito di trentamila uomini tra cavalli e fanti, postosi su l'aviso occupò due soli ponti per i quali Ismaele poteva passare nella campagna dove egli s'era alloggiato, con questo consiglio, che fosse per quella via vietato ai nimici che con l'ardire (che molte volte si dice che è favorito dalla fortuna) non tentassero la somma di tutte le cose, e contra sua voglia lo facessero venir a fatto d'arme. Ma Ismaele, che dubitava di perder la reputazione se vi si fosse framesso tempo in mezo, e tanto piú quando vedeva che per i ponti occupati Alamur si stava sicuro d'ogni guerra negli alloggiamenti, né si curava molto della zuffa, trovato insperatamente il guado del fiume di notte tempo lo valicò tacitamente, e serratosi in un grosso squadrone assaltò l'esercito nimico e fece una grandissima uccisione d'uomini: perché, non avendo tempo quelli del re a prender l'arme, mezi nudi, da' soldati armati e feroci erano tagliati smisuratamente a pezzi per tutto. E se pur alcuno piú animoso faceva testa, era tanto fiero l'urto de' sofiani che, in un attimo, ributati da una perpetua tempesta di colpi, convenivano correr una medesima fortuna con gli altri. Né si ricorda per memoria d'uomini che fosse fatta la piú orribil battaglia notturna di questa, conciosiaché nel piú gran buio della notte si vedeva tutta quella campagna rilucer d'arme e si sentiva lo strepito e il grido e la confusione d'un tanto esercito che, rotto e spezzato, fuggiva davanti la caccia dei nimici.
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