Il qual patto per non essere stato osservato dal soldano fu poi la sua ruina, e di tutta la potenzia dei mamalucchi: perché, avendogli il Turco mandato un ambasciadore poco tempo dapoi, l'ammesse e sentí contra la capitulazione della lega. Onde, quando Selim entrò in Soria per batter il soldano, Ismaele non gli volse dar aiuto, per timor preso di non essere stato tolto in mezo.
Or, chiusa la lega che s'è detto, Ismaele, che era tutto volto a far l'impresa contra i Turchi, mandò suoi ambasciadori a Selim che si trovava allora in Amasia, i quali gli appresentarono una mazza d'oro gioiellata, una sella e una spada ricchissimamente guarnite, con una lettera che diceva: "Ismaele, gran signor della Persia, manda a te, Selim, questi doni molto eguali alla tua grandezza, percioché vagliano tanto quanto il tuo regno: se tu sei uomo di valore, conservateli bene, perché verrò a torteli insieme con la tua testa e col regno che possiedi contra ogni ragione, non essendo lecito che stirpe di villani abbia imperio sopra tante provincie". Questa lettera alterò tanto l'animo sdegnoso di Selim che volse ammazzar gli ambasciadori, ma, ritenuto dai suoi bascià, si rimase; tuttavia per la gran collera non si puoté tenere che non facesse lor tagliar gli orecchi e il naso, e cosí gli spedí con una lettera scritta a Ismaele, che diceva: "Selim, gran signor di Turchi, risponde a un cane senza stimar il suo abbaiare, dicendogli che, se si mostrerà, troverà incontro che gli farà quel che fece mio avolo Maomete a suo avolo Ussuncassano".
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