Del viaggio di frate Giovanne minore fin alla prima custodia de' Tartari.
Cap. 17.
Noi adonque, secondo il mandato della Sedia apostolica essendo per gir alle nazioni de' populi dell'Oriente, eleggemmo prima andare alli Tartari, conciosiaché temessimo alcun pericolo per loro non avvenisse alla Chiesa d'Iddio. Cosí prendendo cammino arrivammo al re di Boemia, il quale, essendo nostro familiare, ci consigliò che ci aviassimo verso Polonia e Rossia, perché in Polonia aveva della sua stirpe, con l'aiuto de' quali potressimo intrar in Rossia; e, date le lettere di salvocondutto, fece che etiam per le sue corti e città ne fossero date le spese, insino al duca Bolezlao di Slesia, suo nipote. Il qual similmente a noi era noto e familiare, onde fece il medesimo per fin che arrivassimo a Conrado, duca di Lantiscia. Al quale (favoreggiando Iddio noi) era allora venuto il signor Wasilicon, duca di Rossia, da cui etiam piú chiaramente intendessimo del fatto de' Tartari, perché gli aveva mandato ambasciatori, li quali già erano tornati. Ma inteso che seria bisogno noi darli presenti, facemmo comprare, di quello che in elemosina n'era dato per subsidio del viaggio, pelle de castori e altri animali; la qual cosa presentando, il duca Conrado e la duchessa di Cratonia, l'episcopo e certi soldati con molti altri ne diedero di queste pelle. Finalmente pregato il duca Wasilicon dal duca di Cracovia, l'episcopo, e baroni, ne condusse seco nel suo paese; dove riposati alquanti giorni a sue spese, poi che, da noi pregato, fece ragunare li episcopi, leggemmo le lettere del nostro santo papa, che gli ammoniva volessino tornar alla unità della santa madre Chiesa, alla qual cosa noi eziamdio quanto potevamo inducessimo il duca, gli episcopi e insieme tutti gli altri.
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