Lesco terzo.
Quam fuerit belli cupidus, quam Martis amicusiste, vel hoc signo duscere quisque potest.
Cum sub eo patriae pax arma quieta teneret,
bellandi fieret nullaque causa domi,
impatiens otii Graicos contra atque Latinos
Pannonibus toties auxiliaris erat.
Viginti genitor varia de matre nothorum,
infamat quantum tanta libido virum.
Saepe, licet magna post multa trophaea legantur,
et Cipriae studiis incubuisse divos,
quod si defendi exemplo non possit Achillis,
Lesco, et Alexandri, Mars quoque moechus erat.
Sepulto Lesco secondo l'uso della patria, fu salutato per signore Lesco terzo suo figliuolo, e settimo nell'ordine de' prencipi poloni. Non degenerò punto da' costumi paterni, e col suo valore acquietò tutti i nemici circonvicini e redusse tutto il suo stato in pace e sicurezza grandissima. Dopo, non potendo l'ozio sopportare, andò con l'esercito in aiuto degli Ungari e de' Sassoni che contra l'imperator romano Carlo Magno guerreggiavano, e finalmente l'anno ottocento e uno fu nella Slesia da Carlo Magno con le sue genti ucciso in compagnia de' Boemi, Pomerani e Pruteni, in un fatto d'arme che appresso il fiume Odera successe. Popelo figliuolo legitimo del quale (percioché vinti altri n'avea di concubine, a' quali avea assignato stati in Pomerania), intesa la morte del padre, prese l'insegne del regno.
Popelo primo.
An ne tibi lectum tantum, lascive, reliquit,
non etiam clipeos armaque dura pater?
Et Veneri tantum iussit servire? Gradivonon etiam, o noster Sardanapale, suo?
Quandoquidem in fratrum tam multa gente tuorum
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