Mentre poi il re nel castello entrava, fu tale il strepito dell'artegliarie che parve che quanti tuoni e folgori venner mai dal cielo fossero tutti in quel punto ivi mandati, che fu poi seguito da un piú dolce ma bellicoso suono di tamburi, di fifferi e di trombe. Entrato nel castello, ove un'altra aquila con l'ali pur festa faceva, andò alla chiesa catedrale di Santo Stanilao, e fu da' canonici incontrato e salutato, e cantato il Te Deum con suave melodia. Visitò l'infanta Anna e poi, fatte dall'uno e dall'altro le debbite accoglienze, se retirò nel palazzo assignato alla cena e allo allogiamento.
Il giorno seguente andò il re in consiglio, ove per bocca del Bibraco, suo cancelliere privato, rengraziò tutti gli ordini del regno del favor che gli avean fatto in darli in governo un regno cosí florido e potente, pregando Dio che facesse che questa loro elezione fosse giovevole e ad essi e alla cristianità tutta, e, promettendo di non mancar dal canto suo di far sí che essi de lui non restassero ingannati, li pregò che si venisse presto alla coronazione. E l'altro giorno da Sandivoio Carncovio, referendario del regno, fu il re salutato per nome de tutta la nobiltà polona con una molto affabile orazione, nella quale sofficientemente dechiarò quello che al re s'apparteneva a fare per conservazione della lor republica e anco della regia degnità. A che per nome del re fu anco risposto che esso era per sodisfare a tutti, che voleva conservare salve le cose a lui commesse, il che era pronto a confirmare non solo con scrittura, ma anco con il proprio sangue.
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