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      Finalmente, avendo i Romani raccolto un esercito molto grosso e potente, lo mandarono contra a' Cimbri, che con essi fecero un sanguinoso fatto d'arme nel passo dell'Alpi che l'Italia dalla Francia dividono, ove fur di nuovo i Romani rotti e messi a fil di spada il lor esercito, nel quale erano ottantamila combattenti, salvandosi solo di tanto numero il lor capitan generale Quinto Servilio Cepio con dieci compagni per portar a Roma l'infelice nuova di rotta cosí grande; qual fu dal senato fatto vergognosamente morire e confiscatili tutti i suoi beni, imputandoli che per suo diffetto e colpa questo danno cosí grande era successo. Dicono che mai non avevano i Romani in un sol fatto d'arme percossa cosí grande recevuta, onde, essendo grandemente travagliati e dubbitando della ruvina dell'imperio loro, volando la fama che i Cimbri s'apparecchiavano di venire alla lor destruzione rechiamarono d'Affrica, ove egli avea superato il re Iugurta, Caio Mario, capitano bellicoso e avventurato. E doi anni dopo la rotta detta di sopra venne Caio Mario alle mani co' Cimbri e co' Teutoni vicino all'Acquesextie, e in un sanguinoso e orribil fatto d'arme doicentomila ne mise a fil di spada; e fu tanta la moltitudine degli uccisi che i Massiliensi, raccolti gli ossi loro, ne fecero siepi intorno alle lor possessioni e i campi, ingrassati dal sangue e grasso umano, deventarono in tutto fertilissimi.
      E i Cimbri, quantunque fossero tanto scemati, non si persero per questo d'animo, anzi, serratisi insieme, urtarono nell'esercito del proconsole Quinto Catullo e lo misero in fuga, e piantate le lor trinciere appresso il fiume Tessino in Lombardia misero ancora in spavento il popolo romano; onde, passato Caio Mario con l'esercito in quelle parti e unite le sue genti con quelle di Catullo, li presentň a' ventinove di luio la giornata, e dopo un lungo e ostinato menar de mani li roppe tagliandone a pezzi cento e quarantamila.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





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