Avevano i cittadini vratislaviesi quasi tutte le lor cose per paura abandonate, solamente le cose migliori tolte in fretta s'avevano con la fuga salvate. Il che vedendo i soldati del capitano Enrico discesero, riducendo con loro il restante, nella rocca, avendo però prima messo fuoco ne' casamenti della città, perché i Tartari, non trovando cosa alcuna nella città, lasciarono l'assedio della rocca. E per le orazioni, come si dice, di Cislavo, priore dell'ordine de' predicatori, e continue lagrime de' suoi frati, tolti nel castello, fecero partita. In questo mezo i Tartari, essendosi congiunti la seconda feria di Pasqua con questi che avevano dato il guasto a Kuiavia, andarono a Legnicza. Il duca Enrico secondo, figliuolo che fu di santa Hedvia, aveva raccolto allora gente assai e soldati, cosí nobili come villani, nella maggior Polonia e Slesia. Erano venuti i principi con i soldati, Micislavo Cazamiri, duca oppoliense, Boleslavo, figliuolo del dispoto marchese della Moravia scacciato, il qual fu cognominato Sepiolka, e Pompone di Hosterno, gran maestro de' crocicchieri della Prussia, con i frati del suo ordine. Oltra di questi, pur assai segnati di croce.
Ora, conducendo questo Enrico fuori del castello legnicense le sue squadre e cavalcando or qua or là, una pietra che cadde dalla sommità della chiesa di Santa Maria quasi ruppe il capo al detto duca, presagio veramente cattivo. Ma avendo egli passato i borghi della città, ordinò quattro squadroni dei suoi soldati. Nel primo erano quelli della cruciata e quelli delle miniere dell'oro di Goldberk, con altri soldati forestieri.
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