Del sanguinoso e crudel guasto dato alla Ungheria da Batti, imperator de' Tartari.
Cap. 4.
Avendo Batti dato il guasto alla Russia e quasi ridotta a niente, s'affrettava d'entrar nell'Ungheria con cinquecentomila soldati, dove ritrovò il conte palatino della Ungheria, mandato da Bela quarto, re della Ungheria, ne' monti Sarmatici per chiuderli il passo e farli resistenza; ma dal Tartaro fu subito rotto e fracassato. E con gran fretta ardendo castella e città se ne venne al fiume Ticia, il qual si dice fiume Cisa e scende da' monti Sarmatici verso mezodí nel Danubio; d'onde facendo correrie diedero il guasto e abbruciarono Vacia con la sua chiesa catedrale. Andavano ancora e s'accampavano a Pesto, dove il re Bela era intento a congregar esercito per contrastar loro, alcuna volta avvicinandosi, alcuna volta fuggendo, sí come è usanza de' Tartari di combattere. Avendo adunque esso re adunato un grosso esercito sí di persone seculari come d'ecclesiastici, cominciò andar loro incontro, procedendo fin al fiume Tisa, dove fermò il suo campo. E avendo messi mille armati a la guardia del ponte, pensava che i Tartari non dovessero poter passar il fiume, perché egli è alto, profondo, fangoso e non si può guazzare. I Tartari, che già erano avezzi a passar maggior fiume, avendo trovato un poco di guado il passarono la notte, e nell'alba diedero l'assalto all'esercito di Bela, avendolo d'ogni banda circondato e tirando spesse e quasi infinite saette, simili proprio a una spessa tempesta e con grande strepito, perché misero gli Ungheri in scompiglio, facendone morire assai e piú ferendone.
| |
Ungheria Batti Tartari Batti Russia Ungheria Ungheria Bela Ungheria Sarmatici Tartaro Ticia Cisa Sarmatici Danubio Vacia Pesto Bela Tartari Tisa Tartari Tartari Bela Ungheri
|