Questi, avendo messo man nelle cose sacre della chiesa d'Ispali, allora da lui per forza soggiogata, subito dal demonio assalito e preso morí. Al quale il fratello Genserico successe, sí come ne racconta Paolo Diacono. E fu quello che passò dalla Spagna nell'Africa, a ferro, a fuoco con crudelissimi assassinamenti, rubberie e persecuzioni ogni cosa malmettendo, e macchiò la catolica e ortodossa fede cristiana con la pestifera setta della impietà arriana, e bandeggiò tutti i vescovi catolici. Sotto questa orribile tempesta, dice Paolo Diacono, e Possidonio lo testifica, vedendo il beato e mirabile dottore Agostino la ruina della sua città Ippona, poi che ebbe compiuti anni settantasei di sua vita, morendo andò a Dio.
Ora Genserico, avendo pigliata per forza Cartagine, non restò quivi, ma con potentissimo esercito dalla Africa traghettando nella Italia pigliò Roma e la saccheggiò; e menò in Cartagine Eudossia imperatrice con due figliuole e assai migliaia di prigioni, dandola per moglie a Trasimundo, suo figliuolo. Ma prima abbruciò e distrusse la Puglia e la Campagna, non perdonando con simil ruina né a Nola né a Capoa. In questa malvagità di tempi il pietoso Paolino, vescovo della città di Nola, spontaneamente si ridusse in Africa e fecesi schiavo per riscatto dell'unico figliuolo d'una vedova. Regnò Genserico quarantaotto anni; al qual morto successe Onorico, il quale, scacciati ben piú di trecento e trentaquattro catolici vescovi e serrate le lor chiese, afflisse la plebe di varie e innumerabili pene, avendo a pur assai tagliate le mani e la lingua, non restando però quelli di chiara e speditamente parlare, come dice il beato Gregorio nel terzo libro de' suoi Dialoghi, e Paolo Diacono nelle cose de' Romani.
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