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      Avisato poi dalle spie che Ezio con un copiosissimo esercito l'aspettava alle radici delle Alpi, divertendo venne verso la Dalmazia e Istria, dove ruinati assai notabile città presso al mar Adriatico, per tre anni assediò Aquilegia. Finalmente mancando il suo esercito di vittuaglie, cominciò per la fame a mormorar contro al capitano; onde ritornò Attila un'altra volta a riconoscer la città, cavalcando intorno a quella, se da qualche parte fosse espugnabile, volendo al tutto darle l'ultimo assalto. E cosí cavalcando vide una cicogna con il becco dalla altezza della rocca portar un suo cicognino nel vicin canneto, e dietro a quello l'altro, e cosí di mano in mano fin che gli ebbe portati tutti. Attila, ciò vedendo, gridò e disse che l'uccello, indovino dell'avenire, aveva per certa la ruina della città, e che per questo se ne partiva. Perché, strignendola gagliardamente, la prese, dove secondo l'usanza de' tiranni fece morir tutti quelli che vi trovò dentro. In quel tempo la magnifica e potentissima città di Vinezia, sola reliquia della libertà italiana, per la paura di Attila ebbe il suo cominciamento.
      Non contento di questo, entrò in quella parte della Italia che adesso vien detta Lombardia, crudelissimamente saccheggiando, abbruciando e ruinando ogni cosa; ed essendo giunto a Ravenna ebbe all'incontro Leone papa, che con ogni sorte di preghiere e umiltà lo supplicava che volesse cessar dalla ruina della Italia: il che subito gli concesse. E mentre i suoi soldati maravigliandosi l'un con l'altro dicevano egli non aver paura d'alcuno fuor che di due animali, che erano stati un Lupo e un Leone, in ciò volendo inferir due pontefici a' quali avea fatta grazia, rispose Attila: "Io vidi un vecchio venerando, vestito d'abito clericale, star appresso a Leone con un coltello tagliente, e vibrandolo mi minacciò di morte se non li concedeva la pace". Si partí adunque e ritornò in Ungheria, dove celebrando le nozze con una bellissima giovane, la sera s'imbriacò ben di vino, e la notte dormendo di morte subitana soffocato morí, versando sangue dalla bocca e dal naso, poi che ebbe compiti cento e ventiquattro anni di sua vita.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





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