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      Trovando che li nostri avevano mangiati li pesci e lasciati li serpenti, ne furono molto contenti e allegri, perché quelli salvavano per la persona del re per pasto delicatissimo, come appresso di noi si salvano li fagiani e pavoni; dicendo che delli pesci la seguente notte ne piglieriano altretanti. Ed essendo domandati da' nostri perché gli cocevano, risposero che lo facevano per poterli portare piú freschi e migliori.
      L'admirante, avuta l'informazione che desiderava, gli lasciò andare, e lui seguí il suo viaggio verso ponente, e scorrendo quei liti, ancora che fussino pieni d'arbori, alcuni carichi di fiori, e alcuni di frutti, che davano grande odore alla marina, nientedimanco erano aspri e sassosi; il paese era fertile e pieno di genti mansuetissime, le quali senza alcun sospetto correvano alle navi e portavano a' nostri del pane che usavano e zucche piene d'acqua, e gl'invitavano a smontare in terra amorevolissimamente. Ma passando avanti arrivorono a una moltitudine d'isole di numero quasi infinito, le quali tutte conobbero essere abitate, piene d'arbori e fertilissime; e fra gl'altri arbori ne viddero una sorte di grandezza d'un olmo, li quali producono zucche, delle quali non si servono se non della scorza per portare acqua, per esser durissima, la midolla gettano via per essere amarissima. Nella costa che scorrevano trovarono un fiume navigabile, d'acqua tanto calda che non vi si poteva tenere le mani dentro. Trovarono dipoi andando piú avanti alcuni pescatori in certe sue barche d'un legno solo cavato, che pescavano in questo modo: avevano un pesce d'una forma a noi incognita, che ha sopra il corpo alcune squamme con spinette, e sopra la testa ha certa pelle tenacissima, che par una borsa grande; e questo lo tengono legato con una corda ad una banda della barca, tanto sotto acqua quanto va la barca, perché non può patir vista di aere; e come veggono alcuni pesci grandi o testuggine, delle quali si trovano grandissime, gli slongano la corda e quello subito, sentendosi sciolto, corre come una saetta al pesce o testuggine, buttandogli adosso quella pelle s'appica, e con le spinette, tanto forte che non possono fuggire, e non gli lascia insino a tanto che lui insieme con la preda è tirato dalli pescatori vicino alla riva, li quali a poco a poco raccolgono la corda; e il pesce subito che sente l'aere lascia la preda, e li pescatori saltano con gran prestezza in acqua, tanti che siano sufficienti a tener la preda, la qual dapoi dagli altri compagni è tirata in barca.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260