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      Presa la preda, di nuovo slongano tanto di corda al pesce cacciatore che possa tornare al luogo suo sotto la barca, dove con una corda della medesima preda gli danno a mangiare. Questo pesce gl'Indiani chiamano guaicano, e li nostri lo chiamarono roverscio perché pesca roverscio. Questi pescatori, avendo preso quattro testuggini tanto grandi che con la loro grandezza occupavano tutta la barca, le donorono alli nostri per cibo delicatissimo; li quali domandando quanto durarebbe questa costa di terra verso ponente, risposero che non aveva fine e pregarono l'admirante che dismontasse in terra, o vero mandasse per suo nome a salutare il loro cacique, promettendo loro, se andassero, grandissimi presenti. Il che l'admirante per non perdere tempo non volse fare.
      Partiti di qui, e scorrendo piú avanti pur per costa verso ponente, dopo pochi giorni s'abbatterono a un monte altissimo, il quale era benissimo cultivato e pieno di gente, le quali, vedute le navi, subito corsono a quelle portando pane, conigli, uccelli e cotone, e dallo interprete domandavano con gran maraviglia se la gente che era arrivata lí veniva dal cielo. Li nostri, veduta la umanità di costoro, all'incontro fecero loro gran carezze facendoli ancor alcuni presenti, e massime a quello che vedevano da costoro essere onorato come principale. Da questo cacique e molti altri uomini di gravità che gli erano appresso, intesero questa costa non essere isola, ma terra ferma.
      Appresso questa terra scopersero un'isola a man sinistra, dove non viddero alcuno, perché tutti, veduti li nostri, se n'erano fuggiti, ma solo viddero quattro cani di bruttissimo aspetto, e non abbaiavano, li quali costoro mangiano come noi li cavretti, ancora oche, anitre e aghironi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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