E cosí fece immediate che tutti gli suoi, posti in terra gli archi e le freccie, se ne vennero con allegro volto a ricever li nostri, alli quali donorono alcuni pesci salati e pane di maiz e vino fatto di certi frutti molto buono, del quale empirono due botti; e cosí fu fatta la pace con li Caramairi del porto di Cartagenia.
Di qui partendosi alla volta d'Uraba il baccalario Anciso con la sua nave, sopra la qual erano 150 uomini con molti animali, cosí maschi come femine, per levarne la razza in quella provincia, e tra gli altri cavalli e cavalle, e gran copia d'artiglierie e altre armi, come spade, lancie, scudi e simili cose da combattere, la qual nave, subito che fu passata l'isola detta la Forte, volendo entrare in porto si ruppe, e il tutto fu perduto perché andò in fondo, eccetto gli uomini li quali scamporono con un poco di pane fatto in biscotto. Per il che baccalario Anciso, giunto alla terra d'Uraba da lui tanto desiderata, si trovava in grandissimo affanno e angustia con tutti gli suoi. E oltre all'altre molestie erano tanto oppressi dalla fame che erano forzati per ogni luogo cercar da vivere, ed essendovi molti palmetti sopra li liti quelli mangiavano, e trovati porci salvatichi ne prendevano quanti potevano, quali parevano loro piú saporiti che i nostri; dicono che hanno la coda tanto picciola che pare che la sia stata tagliata, e ne' piedi di drieto hanno un deto senza ungia.
Andando fra terra il detto baccalario con 100 compagni, s'incontrò in tre Indiani nudi, ma armati d'archi e saette venenate, i quali ferirono assai de' nostri e alcuni ne ammazzorono, perché come aveano tirate le saette come vento se ne fuggivano, per il che furono forzati a tornarsene a' compagni molto di mala voglia.
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