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      Allora il castellano: "Non piaccia a Dio - disse - ch'io solo abbia a vivere, perché, poi che voi m'avete fatto fin qua compagnia nella fame e negli affanni, cosí voglio anch'io farla a voi, perché o viviamo o moriamo tutti, finché al Signor Iddio piacerà di darci rimedio o con la morte o con la vita". E dicendo questo lasciò volare libere le tortore per una fenestra della torre dove stava. Restarono di questo atto in modo tutti gli altri contenti e sazii come se ognun di loro amendue quelli uccelli avuti avesse, e cosí se ne trovarono al castellano obligati, che per travaglio del mondo non avrebbono né quella fortezza né lui lasciato giamai.
      A queste tante calamità e infermità de' cristiani, perché fossero i lor mali compiuti, sopragiunsero molti venti di tramontana, che in quest'isola sono molti cattivi; onde non solo i nostri, ma ne morivano anco gl'Indiani istessi. Non aspettando adunque altro soccorso che quello d'Iddio, piacque al pietoso signor di darvi rimedio, e fu con mutarsi la città d'Isabella in questa di S. Domenico, per la via e maniera ch'ora si dirà. Un giovane d'Aragona chiamato Michel Dias, facendo parole con un altro Spagnuolo, gli diede alcune ferite; e benché non l'ammazzasse, non ebbe però ardire di restarsi qui, benché fusse creato e servitore di D. Bartolomeo Colombo. Egli adunque s'appartò con 5 o 6 altri cristiani che l'accompagnarono, chi perché s'era trovato a participare del delitto, chi perché gli era amico. Fuggendo dalla città d'Isabella, se ne vennero per la costiera dell'isola verso levante, e voltorono tutta questa parte finché vennero dalla parte di mezzodí, dove sta ora fondata questa città di S. Domenico.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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