In quel cantare che facevano narravano l'opere e la vita del morto, e le battaglie che vinte aveva, e come aveva ben retto il suo regno, con l'altre sue cose degne di memoria. E cosí, dall'approbare che allora delle sue opere si faceva, si componevano gli areiti e canzoni che dovevano restare per istoria, come s'è detto di sopra nel primo capo di questo libro.
Ma perché s'è di sopra tocco d'Anacaona, è ben che si sappia come tutta la bruttezza e libidinosa fiamma della lussuria non regnò negli uomini solamente di questa contrada, ma nelle donne anco. Questa donna ebbe qualche conformità con quella Semiramis reina degli Assirii, ma non già nei gran gesti che di [lei] Giustino scrive, né in fare ammazzare molti co' quali si congiugneva, né in fare andare assai onestamente le sue donzelle vestite, come il Boccaccio di questa reina dice, perché Anacaona né voleva cosí oneste le sue create, né desiderava la morte agli adulteri suoi; ma le si rassomigliò in molte altre sozzure di lussuria. Questa Anacaona fu moglie del re Caonabo e sorella del re Beheccio, e fu molto dissoluta; e tanto ella quanto l'altre donne di questa isola, benché fossero con gl'Indiani buone, si davano non di meno facilmente in preda de' cristiani, non negando mai lor le loro persone. Ma questa cacica, doppo la morte di suo marito e fratello, usò ogni maniera di libidine, perché restò in tanto rispetto e riverenzia di tutti quanto fossero mai stati rispettati e riveriti il marito o il fratello, e tanto si faceva quanto ella comandava; e visse nella signoria del fratello nella provincia di Sciaragua, posta nell'ultimo di questa isola verso ponente.
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