Della ribellione del caciche don Enrico, e per che cagione vi si mosse, e della ribellione de' neri.
Cap. IIII.
Fra gli altri cacichi ultimi di questa isola Spagnuola ve n'è uno chiamato don Enrico, il quale è cristiano, battezato, e sa leggere e scrivere e parla bene nella lingua castigliana, perché fu dalla sua fanciullezza allevato e dottrinato dalli frati di s. Francesco; e nel principio mostrava dovere riuscire catolico, e dovere nella fede cristiana perseverare. Quando egli fu poi d'età si maritò, e serviva con le sue genti ai cristiani nella terra di San Giovanni della Maguana, dove era luogotenente dell'admirante don Diego Colombo un gentiluomo chiamato Pietro di Vadiglio, persona oziosa nel suo ufficio di giustizia, poiché per sua cagione la ribellione di questo caciche nacque. Il quale caciche andò a querelarsi d'un cristiano, del quale aveva gelosia o sapeva che avesse a fare con sua moglie; ma questo giudice non solamente non castigò il delinquente, ma oltraggiò anco il querelante e lo tenne senza altra causa prigione; e dopo che l'ebbe bene minacciato con alcune parole discortesi lo liberò. Il caciche se ne venne a questa regia audienzia che in questa città di San Domenico risiede, e si querelò di questa ingiustizia, e fu perciò provisto che se gli facesse giustizia; ma non gli fu fatta, perché fu rimesso al medesimo Pietro di Vadiglio che l'aveva prima aggravato, e che poi maggiormente l'aggravò, perché lo pose di nuovo in prigione e lo trattò peggio che prima. Di modo che l'Enrico prese per partito di soffrirsi e di dissimulare le sue ingiurie e vergogne per allora, per potere vendicarsi poi, come fece, contra altri cristiani che niuna colpa v'avevano.
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