Ma gl'Indiani ritornarono a chiamare, dicendo: "Signor capitano della maestà, al mare al mare". Allora uscí il capitano Francesco dal bosco, facendo andare alcuni de' suoi in ordine, per dubio che non stesse piú gente di quella d'Enrico imboscata.
Giunto all'acqua della lacuna, che gira intorno dieci o 12 leghe, parlò con gl'Indiani delle canoe e dimandò loro dove Enrico stava, perché andava a parlarli in nome di Sua Maestà e a darli una lettera di lei; dimandò anco s'era ivi venuto uno Indiano che aveva mandato già prima solo. Risposero che non era qui tale Indiano venuto, ma che essi già sapevano come era venuto un capitano mandato da Sua Maestà. Allora il capitano li pregò che avessero voluto condurre ad Enrico una Indiana che esso conduceva, e che era già prima col medesimo Enrico stata, perché l'informasse della venuta sua; ed essi, essendo molto importunati, la tolsero finalmente su la canoa, dicendo che dubitavano che il signor loro Enrico non se ne sdegnasse. La Indiana per imbarcarsi si pose nell'acqua, e v'andò fino alla cintura prima che s'imbarcasse. Partite le canoe, il capitano Francesco co' suoi s'appartò da quel luogo un tiro di balestra, e per maggior securtà si fermò e pose in un certo campo raso, dove quella notte dormirono.
Il dí seguente, a due ore di giorno, ritornarono due canoe, dove venne con dodeci Indiani un capitano principale del detto Enrico e suo parente, chiamato Martino Alfaro, e menava seco l'Indiana del giorno innanzi. Tutti costoro smontarono in terra con le lor lance e spade.
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